Mingolla, il terzo da sinistra in piedi, con un gruppo di amici in una foto di due anni fa.Mesagne oggi è in lutto, sgomenta, attonita per la morte di
Antonio Mingolla, Antonino per gli amici, poco più 46 anni, vice capo cantiere mesagnese, deceduto l’altro ieri mentre era impegnato a manutenere un impianto dell’Ilva per conto della sua ditta. La salma è ancora all'obitorio dell'ospedale di Taranto dove oggi, alle ore 13.00, i medici legali eseguiranno l’autopsia disposta dai magistrati. Poi, dopo che saranno risolte tutte le pastoie burocratiche, la salma di Antonino tornerà a casa. Sarà l’ultimo viaggio di ritorno da Taranto da dove ogni giorno, dopo lunghi turni di lavoro, spesso massacranti, tornava sfinito ma felice di riabbracciare
Franca, la moglie che gli aveva dato due figli,
Gabriele, 15 anni, primo anno di scuola superiore, e
Roberta, 14 anni, terza media. “Una volta – dice
Giancarlo, l’amico più fidato -, mi raccontò che dopo essere rientrato stanchissimo a casa alle ore 21, fu richiamato e dovette tornare subito a lavoro restando sugli impianti praticamente per 24 ore continuative”.
Carne da macello, da utilizzare a ritmi incessanti per la produzione, per il business.
Gli amici della parrocchia, del movimento politico e del volontariato sono distrutti. “Ieri all'Ilva di Taranto è morto un amico – dicono -. A che serve scioperare. Uno dei tanti scioperi, sempre puntuali in momenti come questi, ma sempre inutili perché poi tutto torna come prima”.
La signora Franca ha nominato come legale di fiducia l’avv. Stefano Palmisano, che si è interessato delle morti bianche al Petrolchimico di Brindisi, “perché la morte di Antonino non sia impunita - dice -, non resti una delle tante, non sia inutile. Lui lo avrebbe fatto per i suoi amici, avrebbe protestato, sarebbe sceso in piazza, perché combatteva sempre per i diritti calpestati dei lavoratori”.
Sin da quando aveva 13 anni, da quando dovette lasciare la scuola per andare a lavorare dopo l’immatura morte del padre. Per vivere fece anche il muratore. Poi l’industria dove ha sempre lavorato duro, senza mai guardare l’orologio, per la famiglia unireddito da portare avanti.
Tornerà a Mesagne domani, accompagnato dalla moglie, dai figli e dagli amici che sono rimasti con lui nell’obitorio dell’ospedale SS. Annunziata di Taranto sin da quando hanno appreso la terribile notizia. Giungerà alla “sua” parrocchia, alla SS. Annunziata. Lo accoglierà sul sagrato, dove spesso si fermavano per parlare, don Alberto Diviggiano, il parroco, l’amico, il confidente dei suoi problemi, delle sue angosce, ma anche depositario delle sue speranze e delle sue gioie. La parrocchia che ha sempre frequentato, sin da piccolo, dove è cresciuto e dove ha fatto volontariato. E poi l’impegno in politica, sempre pronto a dare il suo contributo, nel movimento politico “A Sinistra”.
Una morte ingiusta. “E’ inaccettabile che le condizioni di sicurezza sul posto lavoro siano così arretrate”, dicono gli amici. Antonino ne aveva tanti, tutti attratti dalla cordialità del suo carattere e dalla spontanea disponibilità. “La sua caratteristica principale era l’attaccamento al lavoro. Ciò, però, non lo faceva diventare un irresponsabile perché era un lavoratore prudente, sapeva sin dove potevano arrivare i limiti umani, non rischiava mai per l’incolumità sua e dei colleghi. Sono pochi gli amici che riescono a parlare. Molti sono ammutoliti. L’ultima volta lo hanno visto il giorno di Pasqua per il tradizionale scambio degli auguri. Gli ultimi. Antonino li ha portato via con sé, in cielo.
IL COMMENTO DEI POLITICI Il sindaco
Mario Sconosciuto si è tenuto costantemente informato per saperne di più sulle cause che hanno determinato la morte di un suo concittadino,
Antonio Mingolla che, peraltro, conosceva personalmente. “Sapevo del suo impegno in parrocchia, in politica e nel volontariato. Lo conoscevo come un ottimo padre di famiglia, un onesto lavoratore, un uomo molto scrupoloso al dovere e fortemente legato ai valori della famiglia. Tutta la città lo piange. Era molto conosciuto, stimato ed apprezzato, a testimonianza della bontà del suo carattere e del suo impegno civile e sociale”. Ed ha aggiunto: "In questi casi è più eloquente il silenzio. E’ assurdo dover morire per il lavoro che dovrebbe essere, invece, fonte di benessere, tranquillità familiare e serenità. Esprimo tutta la mia solidarietà alla famiglia, alla signora Franca, ai bambini. Tutto la città è in lutto”.
Per il consigliere regionale dei Ds,
Vincenzo Montanaro, la morte di Mingolla è solo l'ultima di una serie troppo lunga di morti ingiuste. “Il nuovo millennio ha riservato condizioni di sicurezza sul lavoro che rimandano a quelle dell'inizio del secolo precedente. Il dato della mortalità sul posto di lavoro dovrebbe essere statisticamente scomparso. Invece resta un indicatore di qualità esistenziale drammaticamente attuale, insieme ad altri analogamente stridenti, come il tasso di mortalità per tumori da inquinamento ambientale. Bisogna affrontare in modo organico la sicurezza di ciascun lavoratore in qualsiasi ambiente di lavoro. I nostri morti, i morti dell’Enichem, dell’Ilva e delle realtà sottaciute gridano vendetta”.
Enzo Cappellini, capogruppo alla Regione della Margherita, eletto consigliere regionale a Mesagne, vuole vederci chiaro in questa vicenda. “Si muore troppo sul posto di lavoro. E noi brindisini sappiamo cosa significa lavorare nell’industria. Non possiamo eludere la problematica inerente la prevenzione e la sicurezza sul posto di lavoro soprattutto in particolari settori molto pericolosi. Bisogna soffermarsi maggiormente sulle imprese appaltatrici e fornitrici che operano all'interno delle strutture del committente. Si è riscontrato come le norme vigenti, che pur stabiliscono alcuni obblighi generali di cooperazione e coordinamento in materia di sicurezza a carico del committente, non siano sufficienti".